Quando muore un
artista contemporaneo c'è sempre qualcosa di strano che si insinua nel cuore, tutti
ne parlano, escono i giornali, i social
network si arricchiscono di foto dello scomparso e dei suoi lavori e si instilla nella mente un percorso che mette in moto i ricordi
di cose che ha fatto, le parole che ha detto, le opere che ha creato, i testi
che sono stati scritti e un pezzo di storia e di vita, se ne va.
Sopravvive il
ricordo, rimangono indelebili i suoi lavori e le innumerevoli attese da parte
del pubblico per una prossima mostra o di un testo che lo rievochi, ora invece,
con la morte, tutto viene rivalutato e rivisto sotto un’altra ottica: si
rispolverano i suoi lavori, si rileggono le cose scritte che hanno accompagnato
il suo lavoro, si pensa in maniera veniale quanto possa costare adesso una sua
opera poiché c’è sempre la convinzione che, dopo morto, il prezzo possa salire
e il mercato impennarsi.
Jannis Kounellis
è morto il 16 febbraio 2017, subito dopo la festa degli innamorati, la sua vita
è stata amore per l’arte e l’arte stessa lo ha riamato.
La sua
straordinaria figura di artista è legata ad un ricordo personale di uno
spaventato neo studente universitario presso l’Università degli Studi di Padova
che si apprestava a varcare la soglia dell’ateneo pieno di dubbi, sogni e paure.
Un’opera di
Kounellis era lì, appena entrati dal grande portone sulla destra, nel cortile centrale
del Bo svettava una grande installazione, “Monumento alla Resistenza e Liberazione”, inaugurato nel 1995, il monumento è dedicato
alla memoria di tre docenti dell’Ateneo, fieri oppositori del regime fascista: Concetto Marchesi, Egidio Meneghetti ed
Ezio Franceschini.
Tutto questo era
a suo tempo sconosciuto allo studente che pensava di trovarsi davanti ad un
cantiere in costruzione con tutte quelle assi di legno spezzate, materiali di
scarto vario e dove vicino a questo marasma visivo svettava il tricolore.
No, quello non
era un cantiere, allo sprovveduto studente ci volle un po’ di tempo per capire,
diverse entrate in quel cortile e numerosi esami sostenuti poi, si rese conto
che quello che osservava prima con dubbiosa perplessità cominciava a piacergli
e a concepire finalmente che quella era un’opera d’arte, un grande regalo per
l’università patavina.
Esponente dell’Arte Povera, Jannis Kounellis con
questa struttura era riuscito a creare, attraverso l’utilizzo di materiali di
scarto e di assi di legno che si sormontavano, l’idea metaforica di un simbolo
legato alle macerie che la guerra aveva creato.
La parete
sovrasta tutt’oggi il tutto con fenditure, colore, zone di luce e di ombra che
rendono viva la memoria alla quale è dedicato il monumento stesso.
Via via che lo
sguardo sale le assi di legno sono più nuove, pulite, simbolo che il presente
così com’è poggia sul passato storico, sui sacrifici e la forza di chi ha
saputo lottare per rendere il mondo migliore di quello che è e la visione
totale dell’insieme risultava, agli occhi del giovane studente stupito, un
grande regalo, una grande opportunità.
Un’opera d’arte
può far scattare tutto questo? La stessa può essere responsabile di emozioni e
di combinazioni umorali e sensoriali? Possono dei semplici oggetti di recupero
essere combinati in maniera tale da dimenticare quell’aspetto da “cantiere in
corso” ed essere guardato con rispetto epocale e significato di opera d’arte?
Si, a tutti gli
interrogativi proposti. Le assi sono memoria, sono tempo, sono arte perché
nell’insieme tutto si fa veicolo per un messaggio emozionale.
Quando muore un
artista si conclude un’epoca, se ne apre perciò un’altra con differenti
linguaggi e simbologie, dal passato si impara e si progredisce, la sua morte
quindi non è che una consecutio che traghetta l’uomo contemporaneo verso il
futuro.
Muore l'uomo, rimane l'artista e la sua arte che diventa parte del quotidiano vissuto personale, le sue opere diventano un po' tue, legate a qualcosa che si è vissuto o toccato.
Questo insieme
di impressioni passate ritorna a galla con la morte dell’artista, sono i
pensieri che si sovrappongono a distanza di anni e a forza di vedere le sue
opere ti sembra di possedere ormai abbastanza l’artista stesso, uno
dall’aspetto conosciuto, lui un po’ si fa tuo nel cuore e quel percorso svolto
negli anni ritorna, quelle assi di legno diventano tue, uniche, il pezzo di
legno del futuro sei tu, parte di quel passato storicizzato di Arte Povera che
si insinua con i ricordi, con gli anni giovanili e con le speranze, i sogni
che, un giorno, sarebbero diventati realtà.
Massimiliano
Sabbion
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