“È nella natura del desiderio di non poter
essere soddisfatto,
e la maggior parte degli uomini vive solo per
soddisfarlo”
(Aristotele)
Inventarsi e
reinventarsi ogni giorno la vita costa fatica, costa impegno e una dose di
coraggio che serve ad affrontare la quotidianità.
Il mondo cambia
ogni giorno, gli avvenimenti capitano e si susseguono e un minuto può cambiare
le cose e rendere tutto diverso dall’attimo prima.
Non sempre i
cambiamenti arrivano al momento giusto ma di sicuro quando arrivano nessuno se
lo aspetta ed è mai pronto. Banale scoperta e realtà dei fatti? Probabilmente
si ma in fondo è la sola situazione che dà certezze: quando il cambiamento
arriva non si ferma e lo si subisce, sta a noi poi farlo diventare un
cambiamento positivo o meno e viverlo in maniera passiva o attiva.
Nell’arte spesso
ci si ritrova a dover combattere con metamorfosi e trasformazioni continue
perché sovente gli artisti e le opere prodotte o sono troppo contemporanee o
troppo vecchie e già viste oppure con una marcia in più non ancora
comprensibili al pubblico odierno.
Reinventarsi ed
essere attenti alle cose che capitano proseguendo un percorso e una strada
personale si ritrova in ogni disegno, in ogni colpo di pennello e in ogni
materiale plasmato in cui finisce un pezzo di emozione di chi crea senza
rinnegare se stessi.
Come chiedere ad
uno scultoree di diventare un pittore perché il mercato richiede olii su tela o
graffiti: non è possibile stravolgere le cose e le proprie inclinazioni, al
massimo si deve trovare il proprio percorso, il proprio stile e continuare ad
esprimersi, anche sbagliando certo ma ascoltando comunque il mondo fuori poiché
il vero silenzio totale e l’isolamento non esistono più.
Si è sempre più
coinvolti in una rete globale tra nuove tecnologie e visioni ed essere soli,
chiusi all’interno delle proprie convinzioni e relegati dentro un atelier, non porta ai risultati sperati
ma ad una persuasione dei sensi con il rischio di essere “fuori tema” e “fuori
tempo”.
Basta uscire dal
proprio guscio e convincersi che ci sono artisti più bravi, più geniali e intuitivi,
critici nuovi e freschi con le loro idee e scritti, competenze che sono
cambiate, spazi nuovi e soprattutto voglia di cambiamento e di mettersi in
gioco.
La paura di
esporsi e di essere giudicati anche da chi nel mondo dei social ha il click facile
è sempre tanta ma il confronto serve, sempre.
Provare,
credere, sbagliare, piangere sulle cose e aver voglia di mollare…capita ha
tutti, è capitato anche ad artisti conosciuti ed affermati di ritornare sui
propri passi: Leonardo da Vinci, mai
soddisfatto e in perenne ritocco nei pensieri e nei lavori, si veda la “Gioconda”,
il suo quadro ossessione, per nulla rubato dai francesi ma portato con sé nei
vari viaggi dall’artisti morto, per l’appunto in Francia, un continuo
ritornarci sopra perché poco contento sempre del risultato finale.
Paul Cézanne,
perennemente insoddisfatto tanto da lasciare spesso opere incompiute così come
riportato in maniera leggendaria da un altro artista, Yves Tanguy.
Vincent Van Gogh, artista che risultava continuamente insoddisfatto delle sue opere perché le
considerate “imperfette”.
Paul Gauguin,
un pittore che ha vissuto con quello spirito di continua incontentabilità e
ricerca di qualcosa d’altro che lo porterà poi lontano dal mondo occidentale
per approdare nelle isole del pacifico del Sud.
Amedeo Modigliani,
con la leggenda che vuole alcune sue opere scultoree buttate per pentimento del
lavoro fatto e deludente nel Fosso Mediceo a Livorno e centro, nel 1984, di uno
scherzo architettato poi da tre giovani studenti con tanto di falso
ritrovamento.
Marcel Duchamp,
un maestro che identifica la figura dell’artista nel Novecento, smise di
dipingere per dedicarsi alla cosa che meglio sapeva fare, giocare a scacchi per
poi diventare uno dei primi artisti provocatori e concettuali, se “Nudo
che scende le scale” fece scalpore, “Fountain” smosse successivamente
critiche e coscienze.
Solo alcuni
esempi illustri per far capire che, al primo colpo, nessuno arriva ai risultati
sperati, magari piace al pubblico ma non a se stesso o viceversa.
Mettersi in
gioco è difficile, a volte fa male, ma è solo l’unico modo per sentirsi vivi
appieno e non vanificare le cose, è il miglior modo per dar voce anche ad
emozioni e riflessioni ma la creazione artistica esige felicità ma anche meditazione.
Giovanni Soriano
in “Malomondo”
ha scritto: “Infelicità e insoddisfazione
sono le principali fonti alle quali attinge la creatività artistica, e non c’è
nulla di più sterile per l’ispirazione della serenità e della spensieratezza.
Ciò è generalmente noto, ma nessuno, forse, è stato in grado di dirlo con
maggior efficacia e concisione di quanto abbia fatto quel saggio il quale, a
chi gli chiedeva come mai scrivesse soltanto cose tristi, ebbe a rispondere: «Perché
quando sono felice esco»”
Per essere
felici bisogna essere tristi? Per scavare nell’animo bisogna provare
sofferenza? Per arrivare ad una conclusione e ad una perenne soddisfazione la
strada è tutta discesa? Forse no.
Forse davvero
per arrivare a capire e ad esprimere un poco ci si immerge nei cambiamenti,
nelle curiosità, nelle ironie e nelle follie.
Non è semplice
ma poi la soddisfazione e il risultato spesso ripaga, è dura ma perseverando e
riuscendo a mettersi in gioco si arriva anche tra le scelte non facili, lo
disse anche Ursula in “La
Sirenetta”: “La vita è piena di scelte difficili, non te
l'hanno detto?”.
Massimiliano
Sabbion
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