A Regina,
per le sue azioni per una Realtà Mutante
Per indagare il
nostro io ci sono mille modi e mille mezzi: chi cucina per se stesso e per gli
altri, accarezzando il cibo e coccolando il gusto e il palato, chi trova la sua
valvola di sfogo nello sport e nella cura del proprio corpo, chi si scatena su
una pista da ballo o cantando a squarciagola sotto la doccia o esibendosi in
gare, chi invece si dedica alla scrittura e chi, infine, utilizza l’arte con i
suoi strumenti e materiali, tutto ciò è un mezzo di espressione emozionale.
Non c’è un freno
al paragone e alle situazioni che si possono generare con quello che si ha da
dire, il punto è sempre uno: come dare voce ai facili entusiasmi e a quello che
si deve affermare?
Sostenere di
essere bravi cuochi, atleti, cantanti, scrittori o artisti è diverso dal dimostrarlo,
così come è diverso porre l’accento sulle varie tipologie artistiche che
sensibilizzano l’animo umano.
Se il piacere di
fare e creare è indiscutibile e imprescindibile, di contro lo è invece il
risultato, se una sola delle arti citate procura un’intensa gioia
interiorizzata perché non farla e portarla a compimento? Nessuno ha il diritto
di dire che il risultato non porti soddisfazione e dia felicità, se nella vita
si fanno le cose senza provare gusto, senza sentire dentro quel sottile orgasmo
interiorizzato, allora meglio lasciare perdere qualsiasi tipo di percorso.
Migliorare e
confrontarsi è sempre redditizio, porta un valore che si accumula continuamente
in un aspetto fatto di sacrificio, lavoro e soprattutto di tanta pazienza.
Gli effetti, la
maggior parte delle volte, non arrivano subito, l’immediatezza è solo
un’effimera chimera: nel nostro tempo quasi ci si è scordati che per ottenere
un risultato bisogna un poco soffrire, un poco sacrificare e molto provare e
riprovare condendo il tutto con un’infinita attesa.
Si, l’attesa,
che porta poi alla soddisfazione conclusiva e dove, al culmine della frenesia,
si associa il risultato finale: un buon piatto arriva dopo innumerevoli prove
fatte in cucina dove si è scambiato il sale è con lo zucchero o il forno è
troppo caldo; la maratona ha bisogno di allenamento e di percorsi; la voce nel
canto va corretta, educata e preparata, così come il corpo per il ballo; la
scrittura va accudita con le parole e le pagine; l’arte va studiata e condotta
tra analisi, segni, colori e sperimentazioni.
Tutto questo “provare”
si definisce “sbaglio”, magari uno è davvero uno sbaglio dietro l’altro, ma se
non si prova, non si arriva all’errore e alla definitiva conquista di quello
che si è inizialmente prefissato.
L’attesa, porta
alla considerazione di sé e del proprio operato, continuamente sospesa tra
l’incertezza e la sicurezza di quello che si produce o esterna, solo per
arrivare al piacere finale di quel piccolo fottuto orgasmo che scalda il cuore
e smuove lo stomaco.
“L'attesa del piacere è essa stessa il
piacere” secondo Gotthold Ephraim
Lessing, nulla di più vero, l’emozione di poter sfornare un piatto non ha
paragoni con l’attesa della preparazione, tanto quanto il corpo plasmato da ore
di allenamento, di vocalizzi e gorgheggi
o pagine e pagine di scritti oppure di fogli ricchi di disegni ed
appunti.
Nessun consiglio
arriva a servire la ricerca, diffidare sempre delle facili promesse e credere
nelle cose, meglio lasciare al vento le parole dette solo per spillare tempo e
soldi da chi si proclama professionista del caso quando poi in realtà è solo un
becero e misero motivatore emozionale, chi urla spesso vuole farsi sentire
sopra il coro, ma è davvero necessario andare oltre il muro del suono per far
udire la propria voce?
Puoi fare tutto,
dire tutto, raggiungere tutto, se vuoi ce la fai, se ci riesci ci credi…davvero
tutto ciò è realizzabile? Davvero si è disposti a credere che l’universo
intero, solo perché io lo desiderio, sia al mio servizio e in mio potere? Nulla
di più sbagliato! Meglio ridimensionare e ridimensionarsi…
Mai perdere la
speranza, ma essere concreti ed umili nelle cose e lasciarsi guidare, spesso
chi giudica seriamente lo fa per indirizzare sulla giusta strada, mai per il
gusto di dare aria alla bocca.
Troppi coloro
che usano le emozioni per spettacolizzare, inscenare e sfruttare talenti solo
per fare numeri, audience e buttare poi tutto nel dimenticatoio calpestando la competenza
e la serietà dei professionisti.
Il cuoco,
l’atleta, il cantante, il ballerino, lo scrittore e l’artista che vogliono
gareggiare con gli altri prima devono imparare a gareggiare con se stessi, poi,
una volta pronti, possono affrontare altri professionisti, altri motivati tanto
quanto lo sono loro, se non di più, senza scordare mai la creatività, la
genialità e la follia nella realizzazione delle cose.
Sentire ripetere
più volte “Ho un’idea di in testa di come
voglio fare le cose, ma non so come esprimermi” è la convinzione più
sbagliata.
La realtà è che
a dominare è la ha paura del confronto, dello sbaglio e soprattutto del
giudizio altrui, ecco la verità, a nessuno piace la valutazione negativa di ciò
che si è compiuto, è faticoso.
Bisogna essere
pronti anche ad ammettere che spesso il nostro lavoro non solo non è bello, ma
magari fa semplicemente schifo!
Piangersi
addosso o accusare gli altri che non si è capiti o apprezzati è il primo passo
verso la rabbia improduttiva, ci si concentra poi sempre più in mete
irraggiungibili perdendo di vista la realtà di quel piccolo piacere, di
quell’orgasmo interiore che ha spinto l’essere umano a provare sentimenti ed
emozioni e a distinguersi dagli animali che interagiscono solo per bisogni
primari.
Questo è l’Uomo,
l’animale più complesso perché ama alla follia tutto ciò che è follia…
Massimiliano
Sabbion
No comments:
Post a Comment